CIAO BOMBER

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TESTO: MARCELLO ASTORRI; FOTO: CRISTIANO RONALDO E IRINA

La cena di squadra è roba da uomini duri. Un appuntamento nel quale tra battute misogine e goliardia, le squadre di calcio piacentine fanno gruppo e sovrastimano pesantemente le proprie capacità sportive. I posti deputati ad ospitare queste cene sono essenzialmente due: una qualsiasi trattoria in grado di offrire una lista di portate chilometrica per dieci euro a testa, oppure in alternativa una stanza ricavata nella sede della società con qualche dirigente di mezza età relegato ai fornelli. Chi, nella sera designata per la cena, appena finito allenamento, osa declinare la partecipazione alla cena di squadra viene immediatamente denigrato. Spesso chi sa già di non esserci non dice nulla fino all’ultimo e tenta di sgattaiolare via senza dare nell’occhio, ma mai nessuno ci è riuscito perché la domanda “ma dove vai? Non ti fermi?” arriva puntuale. Guai a chi, come motivazione per la sua assenza, dicesse di dover raggiungere la fidanzata: verrebbe immediatamente travolto dalle polemiche e sarebbe oggetto di scherno fino – nel migliore dei casi – alla cena successiva. I menu di queste cene sono sempre da atleta, quindi senza portate poco salutari: vagonate di birre ignoranti vendute a peso al discount, vino senza piombo acquistato a 3 euro alla damigiana e quintali di pasta scotta condita da sughi (spesso cavallo di battaglia del dirigente impegnato ai fornelli) che nella notte terranno i bomber svegli, magari attaccati ad una bottiglia di minerale da due litri oppure seduti in “ufficio” fino all’alba. Per completare il tutto, coppa e salame a fette spesse, tanto spesse da provocare grosse difficoltà nella masticazione. A metà serata gli effetti del vino senza piombo cominciano ad essere prorompenti e questo dà inizio alla sovrastima della capacità calcistiche, sia personali sia di squadra. I bomber iniziano a vagheggiare di campionati lontani – lontanissimi – in cui hanno messo a segno 25 gol, davanti a compagni di squadra sbigottiti nell’ascoltare quei racconti da uno che fino a quel momento ha fatti da 1 a 3 in 20 partite. Se però sui racconti di certi compagni di squadra si possono nutrire dei dubbi, lo spogliatoio è unito e concorde sulla validità del gruppo. Così, chi è ultimo in campionato parla dell’inspiegabilità della posizione in classifica dal momento che “a parte 3 o 4 squadre gli altri sono tutti come noi, se non peggio”. Sul tavolo degli imputati come responsabili per la stagione grama, ovviamente, finiscono sempre la sfiga e gli arbitri scandalosi. Le squadre in testa al campionato sono sempre le più forti mai viste in categoria dal secondo Dopoguerra in poi, mentre a chi è a metà classifica bastano sempre un paio d’innesti mirati per vincere, la stagione successiva, il campionato a mani basse.  “Ci manca solo una punta da 20 gol!” si dice, facendo andare su tutte le furie i bomber seduti al tavolo, che dissimulano l’incazzatura cambiando discorso, meditando però una tremenda vendetta – da almeno 6 mesi di stop – sui compagni nell’allenamento successivo.

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