L’ULTIMO DEI CAPITANI

Dicono che quando Volpe ha ricevuto la telefonata si trovasse al Galassia. Il luogo è significativo. Il Galassia è uno dei ritrovi spirituali della piacentinità, uno dei centri del mondo piacentino. Al Galassia, fondamentalmente, ci vai quando non hai niente da fare. Più che altro ci vai per andare al Mediaworld a dare un’occhiata a telefoni e computer senza poi comprare niente. E’ la meta dell’ozio, la tappa obbligatoria che ti distrae per un attimo dalla noia estiva della nostra città. Volpe era lì quando gli è stato comunicato che non faceva più parte del progetto del Piacenza, lui che di quel progetto ne è stato il cardine, l’emblema, il volto. Il capitano s’è sfogato su Facebook, ma senza andare fino in fondo: “Adesso non riesco a scrivere niente ne tantomeno a parlare con tutti voi, ma presto vi scriverò quello che penso e quello che sento. Sappiate solo che nel calcio non esiste riconoscenza”. Che nel calcio non esiste riconoscenza, Volpe lo sa benissimo. Ormai c’è dentro da un po’, abbastanza per aver visto, nel tempo, compagni di squadra sedotti e abbandonati con un “grazie”. Nel calcio non c’è riconoscenza, però c’è tra i tifosi. Per uno che ha deciso di lasciare il calcio professionistico per ricominciare dall’Eccellenza, è molto, se non tutto. E ieri, subito dopo l’annuncio del mancato rinnovo, è accaduto quel che Volpe s’aspettava: la riconoscenza è arrivata da chi davvero non dimentica, da chi Fox l’ha applaudito ogni domenica, da chi, col capitano, ha parlato con toni piuttosto duri durante una contestazione, di chi Volpe l’ha sempre rispettato senza dimenticare quella scelta di fondo. Volpe non è mai stato così Volpe da quando è tornato dopo la retrocessione e il fallimento del Piacenza. Prima era uno dei tanti, un buon giocatore in una buona squadra che, senza penalizzazione, si sarebbe salvata. Però non era ancora lui, non era ancora Fox. Non era simbolo né icona. Per diventarlo ha scelto la strada più inusuale e romantica: il ritorno con la squadra in Eccellenza, in quello che è stato l’anno più difficile – ma insieme il più significativo – della storia recente del Piacenza.

Non ci interessa il lato tecnico della vicenda. Volpe è molto più un giocatore che può fare l’ala nel 4-4-2 o l’esterno nel 4-3-3. E’ quello che prendeva palla e andava sotto il settore dedicato agli ultras della curva Nord oppure sotto la tribuna (anche il suo ruolo è significativo: sulla fascia, sempre il più vicino ai tifosi) quello che chiedeva scusa per un rigore sbagliato, quello che, come ha detto l’ex allenatore della Juniores del Piacenza, Emanuele Reboli, trattava i giovani come veterani. Volpe s’è messo la fascia al braccio e ha fatto il capitano. L’ultimo del Piacenza. Ha fatto il professionista anche in un calcio che professionista non lo è del tutto, almeno stando alla categoria, e professionista lo sarebbe se, come ha scritto Libertà, andasse al Pro. Si può cambiare maglia, ma non può cambiare il rapporto con una tifoseria a cui Volpe ha dato la parte più importante della sua carriera, ricevendo in cambio quella riconoscenza che esiste solo fuori dal campo, sugli spalti, tra la gente che canta e beve birra. Quando Fox ha riattaccato, al Galassia, dicono che abbia pianto.

FOTO: SPORTPIACENZA

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