COME UN GATTO IN QUARANTENA

TESTO: ELISA ERIALTI

Questa è la storia di Lello. La drammatica storia di una vita che cambia e si trasforma giorno dopo giorno a causa di una dura convivenza forzata e inaspettata.

Lello è un gatto, non un umano, ma questo lo rende forse più intelligente di tanti altri che vantano di avere un pollice opponibile e un organo a loro dire più sviluppato, non importa se esso si trovi nel cranio o in altri parti del corpo.

Lello è migliore di loro per tanti motivi. Per esempio negli ultimi tempi non si è messo a sventolare telefoni sul balcone cantando Azzurro mentre una catastrofe si mangiava il mondo, non si è scattato foto in reggiseno sul divano con hastahg #io resto a casa, né tanto meno ha impastato 5 chili al giorno di Anolini, mangiandone mezzo e buttando il resto, urlando nelle video chiamate «se non ci uccide il virus ci ucciderà la fame»

Era una vita felice, quella di Lello. Lo ricordo con sguardo assente e le lacrime che scorrono lungo i baffi bianchi. Croccantini delle migliori marche, diritto assoluto di sonnecchiare ovunque, un’intera casa a sua disposizione, la possibilità di graffiare indisturbato qualsiasi superficie morbida e costosa ci fosse nelle vicinanze.

Ma poi qualcosa è cambiato. Quelli che prima erano solamente due facce che sorridevano nel versare acqua e cibo nelle sue brillanti ciotole, o che correvano a pulire la bella terra contaminata dai suoi preziosi bisogni corporei tra una pausa e l’altra al lavoro, si sono stanziate in modo perenne nella sua umile dimora, privandolo di un qualsiasi tipo di divertimento.

Dapprima Lello, credendo si trattasse della settimana X, ossia la tanto temuta settimana di ferie, cha cercato di mantenere la calma e di adattarsi alla situazione, come sempre. Ma i giorni sono passati e presto sono diventati mesi in cui nulla è cambiato.

Questi strani individui hanno iniziato a pretendere sempre di più, sempre più attenzioni. Come se fosse la cosa più normale del mondo, continuavano ad allungare le loro luride mani per toccarlo a suon di «vieni qui piccolino, giochiamo un po’».

Ormai Lello dormiva solo 18 ore al giorno. La sua sanità mentale era compromessa, per non parlare del suo peso. Quelli che tempo fa erano pasti attesi, ora erano un’angoscia. Il cibo, diventato scarsamente dozzinale ed economico, veniva servito in continuazione. Il SUO divano è diventata una zona irraggiungibile, sempre occupato da questi esseri inutili ed ingombranti. I suoi momenti di estrema concentrazione nella caccia alle mosche erano diventati una stupida corrida con spettatori che incitavano prima lui e poi si rattristavano per il destino della preda. Insomma, non c’era più la minima privacy.

Seppur la situazione di Lello era diventata insopportabile, sapeva di non potersi lamentare. Aveva sentito drammatiche storie di cani impegnati in passeggiate che duravano ore, ripetutamente e senza sosta, con tutti i componenti della famiglia. Cani cui venivano somministrati litri di acqua e cibi lassativi pur di poter fare un giretto al parco della Galleana.

Ma proprio mentre Lello cercava di pensare positivo, girando lo sguardo dall’altra parte, ha visto arrivare l’essere umano di sesso femminile che con fare intimidatorio e bugiardo si avvicinava con un guinzaglio: «Vieni qui, micino, proviamo a indossare questo…».

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