CI HANNO FREGATO ANCHE IL TACCHINO

Mentre si parla di referendum e Grande Emilia, Parma si prende l’anagrafe del pennuto. Gli allevatori piacentini si rassegnano: “Sono stati più scaltri di noi”.

TESTO: FILIPPO MERLI; FOTO: INTERNET

Abbiamo perso anche il tacchino. Mentre il presidente del Consiglio delle autorità locali, o Cal, Marcella Zappaterra è pronta a inviare a Roma un progetto di riordino delle province che vedrebbe Piacenza unita a Parma, i nostri vicini ci fregano la leadership sul Meleagris gallopavo, per gli amici “tacchino”. Una delibera della Giunta regionale del 30 luglio scorso, infatti, sancisce l’istituzione di un registro anagrafico del tacchino di Parma e Piacenza in cui saranno inseriti i capi riconosciuti per garantirne la tracciabilità e la provenienza. Il tacchino di Parma e Piacenza diventa un tacchino doc. Il registro, però, è stato affidato dalla regione all’Associazione provinciale allevatori di Parma, che in questo modo gestisce lo schedario di tutti i volatili sparsi negli allevamenti parmigiani e piacentini. Fregati. Per quanto riguarda il tacchino siamo già sotto Parma.

“DI TACCHINI CON LA BATUSA NON PARLO”

Molti allevatori di tacchini della provincia di Piacenza – allevatori veri e propri o semplici simpatizzanti che tengono un paio di pennuti per bellezza – non sono a conoscenza della delibera della regione, altri invece si rifiutano di parlare di tacchini con la Batusa (è successo davvero). Altri ancora la fanno breve: “Gli allevatori di Parma sono stati più veloci e più furbi di noi”. I profani che non conoscono il tacchino di Parma e Piacenza devono sapere che qualche anno fa ha rischiato di rimetterci definitivamente le penne e ancora oggi figura nelle razze in pericolo di estinzione, ha una taglia più grande rispetto agli altri esemplari, ha un piumaggio grigiastro e la pelle di un bianco intenso e viene accostato a razze americane – che rispetto al tacchino del Ducato possono contare sul giorno del Ringraziamento – e spagnole. Dicono che sia fantastico al forno e annaffiato col vino, ma questo è un altro discorso. Chi vuole andare più a fondo può farsi un giro tra Monticelli, Gropparello, Travo e Castellarquato, dove – ci assicurano gli stessi allevatori – un vecchio tacchino stanco di vivere si trova di sicuro. Per i più facoltosi sono disponibili un paio di esemplari impagliati al museo di Storia Naturale di Parma (devono averli messi lì in bella vista per ribadire il concetto che ormai il tacchino è roba loro).

PER IL PENNUTO NESSUN REFERENDUM

A Piacenza la delibera pare essere passata inosservata anche se è stata riportata da diversi quotidiani ducali (Gazzetta di Parma) e siti internet locali (Piacenza24). Nessuno ha presentato un referendum per accorpare il tacchino piacentino alla Lombardia e gli allevatori di Parma hanno avuto gioco facile. C’è chi vuole l’unione tra Parma e Piacenza, c’è chi spinge per Lodi e chi non abbandona la Grande Emilia. Nei palazzi importanti si discute animatamente, ci sono polemiche e botta e risposta, si presentano progetti e proposte, ma nessuno si è accorto che ci hanno fregato il tacchino.

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