IL SANTO PADRE

papalina

TESTO: NEREO TRABACCHI; FOTO: ARCHIVIO TRABACCHI

Osservando mia figlia nel cuore della notte, pensavo a come sia irrazionale il fatto di essere nati in un certo posto, in un certo momento e di un certo sesso. Di come sia irrazionale il fatto che sia possibile mutare le circostanze e che nello stesso tempo sia impossibile. Ma se sei nato “qualcosa”, puoi osare a tuo rischio di essere diecimila cose. O forse più. E così spero per lei… Poi ho pensato: “Ma che cazzo sto dicendo? Basta rossi frizzanti a cena…”, e mettendomi davanti allo specchio, con faccia assonnata a godermi il viso di mia figlia con la papalina, le ho raccontato come stanno davvero le cose:

C’era un principe che viveva in un bellissimo castello. Un giorno si accorse però che le sue performance erano in declino, così decise che era ora di trovarsi una donna da usare come incubatrice, prima che tutto fosse perduto…
“Voglio una principessa, però che sia anche una bella figa!” gridò al suo consigliere gobbo.
“Ma vi siete visto maestà? Parite uno scrondo…” rispose il gobbo.
“Me ne frego! Son principe, c’ho due lire e voglio una sventola per fare un figlio! Dài!” insistette il principe.
“Mmmmm… non saprei. Ho quella cugina bilaterale del regno delle ninfee. Non ve l’avevo già presentata?”.
“Ma chi? La scorreggiona? L’altra volta quando eravamo a cena ha cominciato a muovere il culo sulla sedia per via del prurito e mi ha fatto venire la nausea proprio mentre finivo il mio astice alla catalana. Che schifo!”.
“Sono desolato Maestà. Allora ci sarebbe la Celestina, quella cortigianina tutta cacio e pepe che l’ammicca sempre al suo passaggio…” disse il consigliere gobbo abbassando la voce per non farsi assì udire da altri nel palazzo.
“La Celestina già l’ho provata e non mi dice nulla. Poi c’ha quel difetto lì…” rispose il principe indicando con un dito il labbro superiore.
“Che difetto? Parla troppo?”.
“No. C’ha una peluria unta sotto le nari. Quando la si bacia pare di baciare la pelle ruvida d’un salame grufoloso. Mi vien da vomitare”.
“Eh Maestà, ma se lei stringe le maglie qui la vien dura”.
“Stringerò anche le maglie ma mica posso riprodurmi con una che la mattina si liscia il pelo. Su, su, pensa, che sei pagato per pensare. Chi mi fiondo?”.
Il consigliere ragionò un po’ prima di parlare. Ecco Signor Sire, ce l’ho!”.
“E’ una sventola?”.
“Ha presente la figlia del conte Russini?”.
“Ohhh ma che dici? La Cicci? Le piacciono troppo i giochi di ruolo”.
“I giochi di ruolo?”.
“Sì, sì. Per farla eccitare l’ultima volta abbiamo dovuto inscenare uno sketch: io il cliente e lei l’ortolana maleducata. Divertente, per carità, ma a parte lo spendere tantissimo per le ciliegie fuori stagione, ho avuto dei puntini blu dappertutto per una settimana perché lei non si voleva togliere la biro dall’orecchio. Proprio come le vere ortolane”.
“Capisco…”.
“Anch’io. Capisco che non troverò mai una sventola. Come posso fare? Come? Oh povero me…”.
In quel mentre si spalancò la porta della sala del trono e una bellissima donna, bionda, elegante, con due tette da panico, fece il suo ingresso.
“Maestà, sei lei vuole una sventola eccomi qui!”.
Il principe e il suo consigliere rimasero a bocca spalancata. 
“Chi sei?” chiesero all’unisono.
“Non importa chi sono. 100 un’ora, 200 tre ore, 1000 tutta la notte e 10.000 per usarmi come incubatrice del tuo erede”.
“Minchia!”.
“Ah, per quello dovrei chiamarle mio cugino Roberta, già Roberto!”.
Morale della favola? Il tuo principe, sceglilo furbo…

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