NEREO

Quando ha visto che la cameriera ha raccolto un paio di panini caduti in terra e li ha rimessi nel cestino voleva scappare, ma alla fine siamo riusciti a convincere Nereo a mangiare cotoletta e patate arrosto dal Milione.

NEREO MILIONE

TESTO: NEREO TRABACCHI; FOTO: ARCHIVIO TRABACCHI

Ho dovuto. Ho dovuto perché era mio dovere, ma non potevo farlo da solo, e ho chiesto a Filippo Merli, detto il Merlo, detto la “scrivania della Batusa”, di accompagnarmi per questa recensione in uno degli ultimi avamposti “cirroepatici” (non cercatolo sul dizionario, non lo troverete) della città: Dal Milione, in via Manfredi. E siamo stati bene… Ho parcheggiato nello slargo del marciapiede (e non si inalberino i pedoni, perché il primo che mi dimostra di essere passato lì a piedi gli offro un pranzo dal Milione), ma è subito uscita la signora: “No! No! No! E’ un marciapiede, non può lasciarla lì”. Così ho spostato l’auto e quando sono tornato dopo cinque minuti il suddetto marciapiede era occupato da quattro macchine e tre furgoncini. “Signora, ma come mai?” “E’ per i nostri clienti decennali…”. “Capisco…”.
Così, nell’attesa che passino due lustri, prima di poter parcheggiare fronte porta, entro e mi guardo attorno: tovaglie a scacchi biancorossi, quarti di vino proposti agli avventori come quarti di cardio aspirine da dividere nella giornata. Un paio di panini cadono a terra e dopo una bella soffiata vengono rimessi nei cestini. Sfrigolìo di cotoletta che arriva dalla cucina e al posto della musica di sotto fondo, l’antico e oramai in disuso concerto di ciabatte di proprietà e cameriere che a seconda dell’usura della tomaia, percepisci per bassi e percussioni. Adoro tutto questo. Arriva la cameriera che guardando fuori dalla finestra in cinque secondi esatti, e senza prendere fiato dice: “Bucatiniallamatricianagnocchiconsugooragùminestronediverdure.”
“E come secondo?”. Mi osserva terrorizzata e capisce che sono quello che cercava di parcheggiare lì davanti.
“Nonmangiailprimo?”
“No…”
“Cotolettaallamilanesearrostodivitellocavallocrudoecottotantoèlostessocambiasoloiltempodiattesabistecca.”
“Cotoletta…” dico io.
“Bistecca…” dice Merli.
“Ecomecontornopossiam.”.
“Patate!” diciamo all’unisono avendole viste passare e riconosciute come sufficientemente unte.
Poi arriva lui, il marito della figlia del Milione, chiamato così perché lo storico fondatore si chiamava Emilio, poi superlativizzato in Emilione à Milione.
Arriva per chiederci cosa vogliamo da bere, ma non arriva dalla cucina, o dal bancone del bar o da un posto qualunque. Arriva dal suo tavolo, dove sta mangiando la sua pasta, che deve lasciare a metà perché quello è il suo lavoro; chiedere: “…e da bere?”
Il Merli lascia a me la parte più rischiosa della missione.
“Ehm… Acqua gasata e vino rosso?”.
“Mezzo o un litro?”.
“Ah… solo sfuso?”
“Solo cosa?”
“No dico, non avete vino in bottiglia? Vorrei un fermo”
“Gutturnio…”.
“E poi?”.
“Gutturnio…”.
“Bene, una bella bottiglia di Gutturnio…”.
La carne è buona, tenera e vediamo passare negli altri tavoli piatti di pasta interessanti.
Poi fermo la Miliona: “Scusi signora, cosa avete come dessert?”.
“Come cosa?”.
“Dolce…”.
“Ah. Bè, la sbrisolona”.
“Bene, prendo la sbrisolona…” (come potete vedere nella foto sopra).
Il conto ha dell’incredibile: aggiungendo due caffè, 30 euro in due con porzioni generose.
Li vale, e forse qualcosa in più. Andateci davvero per riempire la panza, stare in città se volete bere e non guidare. Uno degli ultimi posti di questo genere (non ho ancora recensito il Gnasso per paura di prendere una platta), fondato sulla passione e il valore del lavoro di famiglia. Da provare. Al prossimo boccone!

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3 Comments on "NEREO"

  1. Giorgio Lambri | Marzo 15, 2013 at 6:39 pm |

    caro Nereo, duole rilevare che per questa tua doverosa “incursione” nel Tempio di via Manfredi ti sei scelto un “partner” simpatico ma non sufficientemente accreditato, lo dico senza falsa immodestia (!!!): per farti da sherpa nel meraviglioso universo di Milione avresti dovuto affidarti a me, che ho collezionato centinaia di pranzi e cene presso questa rinomata osteria fuori mura… e ne conosco i segreti, le fragranze… in poche parole l’anima!
    in primo luogo ti avrei fatto sedere al prestigioso tavolo che ogni sera da 109 anni viene occupato dal grande allenatore di calcio Adalgisio Lovattini per “fare le formazioni” e compilare le schedine del Totocalcio… un luogo-icona, meta di pellegrinaggio per migliaia di calciofili piacentini … ti avrei poi mostrato la prestigiosa terrazza martini, con vista cortile e cane eternamente abbaiante, che costituisce la principale attrattativa estiva del locale… avrei quindi potuto decantarti la tenera attrattiva del “nombal”, elemento cardine della cotoletta – piatto principe della cucina milionesca al pari di un delizioso sugo al pomodoro che si racconta bolla ininterrottamente nel pentolone da 1600 anni e venga semplicemente “rabboccato” … ti avrei presentato Danilo Gasperini, una leggenda del calcio e della ristorazione piacentina, le cui battute fulminanti sono temute come la peste dagli abituali frequentatori del locale … ti avrei infine fatto mescere dall’apposito bottiglione-formato-famiglia un generoso bicchiere di Sambuca, epilogo naturale dei pranzi e delle cene da Milione …
    amico mio, la prossima volta scegli meglio le tue guide… e consultati con il vecchio Lamber
    un fraterno abbraccio
    Giorgio A. Lambri

  2. Giorgio Lambri muore dalla voglia di scrivere sulla Batusa.

  3. Guido Rossi | Marzo 16, 2013 at 8:30 am |

    Ma davvero ti è piaciuto ?meglio della Antica Osteria ?

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