LA CRISI DELLA VOCAZIONE

SAN DOSI

Dosi non sembra Dosi. E’ diverso. Cambiato. Lui, il sindaco buono, il cattolico, il moderato, il custode dei libri per il catechismo e dei testi sacri della libreria Berti, è stato accusato di aver pugnalato alle spalle quattro membri della sua giunta. Ciò che più ha colpito del rimpasto – al di là delle correnti, del renzismo e dell’ombra di Roberto Rottamato Reggi – è stata proprio la presa di posizione di Dosi. Quando l’attuale sindaco è stato eletto, Reggi, il suo sponsor principale, era stato chiaro: “Paolo ha un carattere completamente diverso dal mio, in questo momento è l’uomo giusto per Piacenza”. Esuberante, vulcanico, leader maximo il primo; mite, riflessivo, sempre aperto al dialogo il secondo. Ed erano proprio queste le qualità migliori di Dosi, quelle che tutti, avversari politici compresi, gli riconoscevano. Durante le sedute più infuocate del consiglio comunale gli altri sembravano indemoniati. Lui sembrava Dosi. Sempre calmo, pacato, mai sopra le righe, sempre pronto a parlare e non a sbraitare, un lato del suo carattere che alla fine ha contribuito all’accusa d’immobilismo della sua giunta, tanto da essere soprannominato il “sindaco Tentenna” dal consigliere comunale di Fratelli d’Italia, Tommaso Foti.

L’AMICIZIA PURA

Dosi ha sorpreso per la prima volta tutti quando ha deciso di aderire alla corrente di Matteo Renzi. Dosi renziano suonava strano. Non per questioni anagrafiche, bensì per la sua politica conservatrice, Dosi sembrava la persona più distante dal concetto di renzismo sulla faccia della terra. Era, per farla breve, l’esempio perfetto di tutto ciò che Renzi voleva rottamare. Eppure, dopo aver appoggiato Pier Luigi Bersani alle primarie per il candidato premier del centrosinistra, Dosi è salito sul camper del vincitore insieme a Reggi. Da quel momento sono passate poche settimane dall’ormai nota dichiarazione sugli assessori della sua giunta che gli creavano “qualche imbarazzo” perché, alle primarie per la segreteria provinciale del Pd, sostenevano la bersaniana Roberta Valla e non il renziano Gian Luigi Molinari, il prescelto del sindaco. Quella è stata la prima volta in cui Dosi non è sembrato Dosi. Quelle parole suonavano come un attacco al pluralismo e alla democrazia, capisaldi del centrosinistra e di Dosi stesso. Per questo fecero così rumore: perché nessuno si sarebbe mai immaginato di sentirle pronunciare da lui. Da quel momento in poi s’è iniziato a parlare di rimpasto e di assessori a rischio, Reggi e Gne Gne Gne hanno rincarato la dose sulle testate piacentine e alla fine il rimpasto è avvenuto. “Reggi ha preso la mira, Molinari ha messo il dito sul grilletto e Dosi ha sparato” ha detto Giovanna Palladini il giorno delle dimissioni. Non solo. Palladini ha raccontato un paio di aneddoti interessanti, tra cui una cena organizzata l’antivigilia di Natale in cui Dosi ha invitato a casa sua tutti gli assessori. “Pensate, in quell’occasione – ha svelato Palladini – mi ha regalato un libro dal titolo L’amicizia pura”. Qualche giorno dopo il nome di Palladini – insieme a quelli di Cacciatore, Romersi e Beltrani – erano ufficialmente sulla lista degli epurati.

UNA CAREZZA IN UNA PUGNALATA

Poco prima del rimpasto, quando sembrava che ormai fosse cosa fatta, nell’ambiente politico piacentino c’era ancora qualcuno che stentava a credere che Dosi potesse prendere una simile decisione, probabilmente la più eclatante degli ultimi anni della politica piacentina. “Non lo farà, non è da lui” dicevano. L’ha fatto. Ha tolto il posto a quattro assessori che lui stesso aveva scelto. “Sono stato pugnalato alle spalle – ha detto Pierangelo Romersi -. Fino al 7 gennaio ho sentito il sostegno di Dosi e condiviso con lui ogni scelta fatta. Di fronte alle richieste di rimpasto, lui aveva sempre ribadito di avere fiducia in noi. Sentirsi dire da un giorno all’altro che si è fuori, è una pugnalata”. Una scelta così clamorosa non è da Dosi, eppure è successo. Il fatto che tutti – dall’ambiente politico ai cittadini fino ai giornalisti – siano convinti che dietro questa storia ci sia la regia di Reggi è indicativo: nessuno crede che la decisione di lasciare a casa Cacciatore, Romersi, Palladini e Beltrani sia stata presa solo da Dosi. “Il sindaco – ha detto Cacciatore – è stato continuamente oggetto di pressioni che provengono dall’esterno del Palazzo, anche se con qualche ventriloquo interno”. “Ogni giorno – ha detto ancora Romersi – pregherò per Dosi e per la città”. Ma la politica sembra aver cambiato Dosi, il cattolico, il libraio, il sindaco buono, quello che non alzava mai la voce e che manteneva le distanze dalla politica urlata dei salotti televisivi, quello che non credeva alle decisioni drastiche. “Credevo nelle parole di Dosi – ha spiegato l’ex assessore alla scuola, Paola Beltrani -. Ho creduto in un modo diverso di fare politica. E invece dopo una settimana di follia ho constatato come funziona la politica locale”. E ha aggiunto una frase che sottolinea le contraddizioni tra il vecchio e il nuovo Dosi: “Sono preoccupata per il sindaco. Lo vedo in stato confusionale”.

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