TELEFONATA A CONTE

TESTO: MANUEL FANTONI

Oggi, in piena quarantena, annoiato e preoccupato per il futuro, mi assale l’incazzatura. Decido di dare una svolta alla situazione. «Chiamo Conte», dico tra me e me. E di lì a poco sono al computer per cercare il suo numero di cell. Oggi è stato a Piacenza. Gli farà certamente piacere. Scandaglio tutta la rete in lungo e in largo, siti hot compresi, inizio a wazzappare tutti i miei contatti, dal politico locale al giornalista, per finire con l’amico navigator che non mi risponderà mai. Nulla di fatto. Sono quasi pronto a gettare la spugna quando mi arriva un messaggio. È Tonino tre dita, storico conoscente, punta di diamante del reddito di cittadinanza e istituzione tra i parcheggiatori abusivi. Un signore come non se ne vedono più.

«We’, fratè, sono momenti duri, ma ho il numero che cercavi. Il link me l’ha dato Giggino». Ho verificato in rete. E’ lui: faccia spigolosa, ben vestito, capigliatura da playboy. Penso: «Conosce anche Di Maio». Mi sgancia il numero previa donazione sulla sua PostePay, 50 euro ma ben spesi. Assumo un tono grillino. Pare che con lui funzioni. Un attimo di esitazione e compongo il numero. E’ libero.

«Pronto? Conte?».
«Sì, con chi parlo?». 
«Sono uno degli italiani che hai chiuso in casa, faccio il barista e i 600 euro che mi dovevano arrivare non mi sono mai arrivati. Vorrei che mi ascoltassi, ho proposte interessanti».
«Io veramente…». 
«No, ora parlo io. Avete utilizzato droni ed elicotteri per scovare i runner come fossero criminali. Ci avete fatto chiudere l’attività e il sostegno economico tarda ad arrivare, e per di più sarà insufficiente. Avete dato multe a coppie che stavano andando in macchina a far la spesa insieme quando poi dormono nello stesso letto. Le bollette continuano ad arrivare e i soldi per pagarle non ci sono. Avete liberato carcerati e noi siamo ancora ai domiciliari. Avete ingaggiato task force con super cervelloni, ma non so se sanno piantare un chiodo nel muro. Il vostro stipendio non manca mai e neanche quello dei vostri portavoce. Le casse integrazioni tardano ad arrivare e noi, quando riapriremo le attività, avremo regole ferree e non avremo i soldi per pagare gli affitti arretrati, dato che non abbiamo lavorato».

A questo punto, dopo un silenzio assordante, riecco la voce di Conte: «Hai ragione, tutto vero, condivido». Rimango basito. Penso di aver fatto colpo sul premier. Mi ha dato ragione. Il premier ha capito e ora cambieranno le cose. E visto che il ferro va battuto quando é caldo decido di dargli il colpo finale. «E mi raccomando, Giuseppe, la prossima volta che parlerai all’Italia a reti unificate cerca di dare risposte chiare su queste cose».

A questo punto, dopo un altro attimo di incredulo silenzio, di nuovo la sua voce: «Giuseppe? Io sono Antonio…». 
«Come? Non sei Conte?».
«Sì, ma sono l’allenatore dell’Inter».

Cazzo, Tonino tre dita mi ha fregato ancora.

«Mi scusi, devo aver sbagliato numero, ma comunque non si preoccupi: andrà tutto bene».

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