TRENITALIA SI SCUSA PER IL RITARDO

La stazione è il paradiso di scrocconi e ladri di biciclette, ma è anche il luogo sacro in cui i pendolari si lamentano per il riscaldamento rotto tra odore di piscio e cheeseburger del McDonald’s. Il regionale proveniente da Milano Centrale è in arrivo al binario 4. Ci allontaniamo dalla linea gialla e aspettiamo qualche pendolare disposto a raccontarci qualcosa di nuovo. Ecco la seconda puntata di “Sim Salam Inn”, la nostra piccola inchiesta sui piacentini fuori sede.

TESTO: FILIPPO MERLI; FOTOGRAFIE: IDEM

Entri in stazione. “Scusi, ha un euro?”. Vai verso la biglietteria. “Scusi, ha una sigaretta?”. Guardi il tabellone. “Scusi, il cesso?”. In fondo a destra, dietro la scritta “potere gabber”. La stazione è il paradiso di scrocconi e ladri di biciclette, è il luogo sacro in cui si diffonde l’inconfondibile odore di stazione, un misto tra piscio e cheeseburger del McDonald’s. Arriviamo in bicicletta con la matematica certezza di non rivederla più e in lontananza vediamo il lampeggiante di un’ambulanza. E’ il segnale: siamo dalle parti della stazione. Schiviamo il tizio dell’euro, dribbliamo quello che chiede la sigaretta, ci inventiamo dov’è il cesso per levarci di torno quello deve andare al cesso. Il Regionale proveniente da Milano Centrale arriva alle 19,07 sul binario 4. Mancano una ventina di minuti all’arrivo dei pendolari incazzati. Siamo qui per questo: vogliamo raccogliere le impressioni di chi va al lavoro in treno ogni santo giorno. Però non vogliamo sentirci dire le solite cose, il riscaldamento rotto e i sedili sgualciti non ci interessano. Cerchiamo storie vere, roba forte. Facciamo un giro. Passiamo davanti all’edicola, dove finti intellettuali comprano cinque quotidiani alla volta per impressionare la tizia di turno e poi giocano a Fruit Ninja con l’iPhone per tutta la durata del viaggio. Usciamo sul binario. “Il Regionale per Torino Porta Nuova è in arrivo sul binario 5. Allontanarsi dalla linea gialla”.

IL MULTICULTURALISMO E’ UN CASINO

In stazione c’è sempre il genio che attraversa i binari di corsa. Il rumore fastidioso dei trolley sul selciato batte il trascorrere del tempo. Il personale di Trenitalia è molto gentile. Ogni cinque minuti si scusa per il ritardo. Chissà perché i pendolari ce l’hanno tanto con loro. Forse perché invece di scusarsi sarebbe  meglio che i treni arrivassero in orario, forse perché quando perdi la coincidenza la colpa non è mai del controllore, né del capotreno, né del macchinista, né dei tizi alla biglietteria. Non è mai colpa di nessuno. Dev’essere colpa dei treni. Sono i Frecciarossa che si fermano a limonare con gli Intercity plus a Castelfranco Emilia e se ne fregano dei pendolari che devono tornare a casa dopo una lunga giornata di lavoro. Torniamo fuori per vedere se ci hanno già fottuto la bici. C’è ancora. Rientriamo. Il personale del 118 carica in ambulanza una signora sulla barella. Mancano una ventina di minuti, poi i pendolari con le palle girate saranno tutti per la Batusa. Torniamo sui binari. Ci avvicina un tizio straniero con la barba lunga e le scarpe slacciate. Farfuglia qualcosa, ma non riusciamo a capire. Il multiculturalismo è un casino. Andiamo al Chef Express, il bar della stazione. C’è troppa fila. Torniamo fuori e scendiamo le scale che portano al sottopassaggio. Passiamo davanti alla bacheca dell’Associazione Pendolari Piacenza, o App, ma il tunnel è stranamente deserto. Ci sono solo due ragazzini che tirano la tendina e si fanno fotografie alla macchinetta. Binario 4. Sono le 19,07 in punto. Il treno arriva in perfetto orario. Che sfiga. Vuoi vedere che abbiamo trovato l’unico treno in orario con pendolari tranquilli e sereni?

VALIGETTE IN ECOPELLE E ZAINETTI CON OMBRELLI TASCABILI

C’è gente che si piazza davanti alla porta all’altezza di Lodi per uscire per primo. La fretta contraddistingue un pendolare professionista da un viaggiatore dilettante. Il treno si ferma. Le porte si aprono. Parte la lotta alla sopravvivenza. I pendolari impazienti sgomitano, telefonano, si strozzano con la tracolla del computer pur di arrivare per primi al parcheggio. Una ragazza si ferma ad allacciarsi una scarpa sulla panchina per non rischiare di inciampare e di essere travolta. I pendolari corrono, corrono, corrono. Ma cosa devono fare di così importante? “Niente” dice un ragazzo sulla trentina che lavora a Milano. “Sono in ballo da stamattina alle 6 e ho solo voglia di buttarmi sul divano”. Corriamo dietro a una ragazza (un tempo era la nostra specialità). Però questa va fortissimo. “Mi sono fatta tutto il viaggio in piedi, voglio andare a casa, scusa, ciao”. Ciao dolcezza. Vorremmo salire sul treno – col rischio di finire a Terni – per vedere se c’è qualcuno che se la prende comoda, ma c’è gente che continua a scendere. Ci buttiamo sulle scale tra ventiquattrore in ecopelle e zainetti con l’ombrello nella tasca laterale. “Scusi, per una volta che il treno è in orario mi lasci andare a casa” dice un cinquantenne condannato a una vita da pendolare. Avviciniamo un universitario con le cuffie dell’iPod nelle orecchie, ma è in piena trance da Pino Daniele, canticchia “Je so’ pazzo” e tira dritto. “Mi creda, fare avanti e indietro tutti i giorni su un treno non è il massimo della vita” dice una signora in tailleur. “D’inverno c’è freddissimo, spesso il riscaldamento è guasto e a volte c’è persino la neve tra uno scompartimento e l’altro. Quando parli col tuo vicino di posto esce il vapore dalla bocca, ha presente?”. Lo sappiamo, lo sappiamo. Ma vorremo qualcosa di nuovo, qualcosa di divertente. Lo troviamo quando ormai abbiamo perso la speranza. E’ un tipo con la faccia simpatica che si ferma a prendere una Coca al distributore. “Dico a mia mamma che vado a studiare, ma in realtà faccio il pendolare perché c’è un controllore donna coi capelli biondi e un culo da favola”. Missione compiuta, ma non ci accontentiamo. Sta arrivando un ritardatario in giacca e cravatta. E’ al telefono. Ci avviciniamo col registratore. “Non ho soldi e non fumo, grazie, arrivederci”.

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