IO TARZAN, TU GITA

Anche il Raineri-Marcora abolisce le gite scolastiche. Ormai è una mania. Per protestare contro il Governo si taglia la settimana bianca. E a limonare dove si va? Lo abbiamo chiesto a un preside che ha portato i suoi studenti in gita per quarant’anni e che non ha alcuna intenzione di rinunciare ai mitici viaggi d’istruzione. 

TESTO: FILIPPO MERLI; FOTO: INTERNET

Uno va a scuola solo per andare in gita e va in gita solo per limonare. Dài, diciamo le cose come stanno. Basta con la storia della socializzazione, dell’integrazione e dei valori dell’amicizia. Gli studenti se ne fottono di musei e pitture rupestri: l’importante è che l’albergo abbia le stanze comunicanti e che il prof si addormenti presto davanti a un libro di poesie di Ugo Foscolo. Lì scatta il momento supremo, la doppia libidine, la vera essenza della gita. Prima minacci il nerd che è in camera con te e che è sempre pronto a fare la soffiata per un voto in più, poi mandi un messaggio con WhatsApp alla tizia della seconda B, altissima, purissima, buonissima. “Ci sn. Dv ci troviamo?”. Lei è in fibrillazione e in digitazione. “Ehi, il prof dorme? Ci becchiamo nella mia stanza okk??? Risp. Bacio”. Tu guardi il nerd che dorme abbracciato al cubo di Rubik. Perfetto. Allora rispondi. “Ohi, okk okk, 5 min e ci sn. Cmq ti squillo quando sono lì. Yeah. Yo”. Poi metti fuori il naso in corridoio mentre gli altri si sbronzano col Bacardi Breezer. Guardi di qua. Guardi di là. Via libera. Evvai. Arrivi davanti alla porta. Sei sicuro, sei arrapato, stai per diventare uomo. Hai visto “Scusa ma ti chiamo amore” sei volte, le sedicenni non hanno più segreti. Bussi, fumi una sigaretta per fare il figo, tossisci. Squilli. Eccola. Col rimmel intorno agli occhi, opera della sua migliore amica, il cesso di turno che può solo esaltarsi perché le sue amiche limonano. Eccola. Con la minigonna, la camicetta e i tacchi alti. Ha anche le tette, proprio come nei film di Moccia. Ma è fantastico. Entri. Chiudi la porta dietro di te. La riapri. Butti fuori il cesso che voleva dormire. La richiudi. Guardi lei. Wow. Bussano alla porta. Certi cessi non capiscono quando è il momento di sloggiare. Apri per cacciarla via una volta per tutte. E’ il prof. “Torna immediatamente nella tua stanza”.

GALLI DI CONTRADA

Volete proibire tutto questo solo perché c’è la crisi? Volete vietare a un’intera generazione di limonare in gita? Perché? Questa storia di abolire le gite come una specie di protesta contro i tagli del Governo non sta in piedi. Piuttosto eliminate qualche libro di testo inutile – ce ne sono almeno un paio che non vengono mai aperti – ma non toccate la settimana bianca e le escursioni in Val Camonica. L’ultima presa di posizione contro le gite è del Raineri-Marcora. Il collegio docenti ha approvato la mozione che congela i viaggi d’istruzione. Tutta colpa della “pesante situazione economica del Paese” e delle “scelte di politica scolastica messe in atto dal Governo”. Niente più gite. La stessa cosa – scrive Libertà – hanno fatto la scuola media Calvino, il liceo Gioia, l’istituto Romagnosi-Casali e l’istituto comprensivo di Fiorenzuola. Vuoi limonare in gita? Arrangiati, siamo al verde (ma la gita non la pagano gli studenti con una quota individuale?). Se fossimo esperti di pedagogia potremmo dire che la gita è un grande momento di aggregazione, oltre che un’esperienza culturale interessante, ma siccome siamo esperti di birra da quattro soldi e postini falliti ci limitiamo a dire che la gita è uno dei pochi motivi validi per alzarsi dal letto e andare a scuola per un anno intero. La gita non si tocca. Agostino Maffi, preside del liceo della comunicazione San Benedetto, è d’accordo. “La gita – dice alla Batusa – è prima di tutto un viaggio d’istruzione, un viaggio per vedere delle cose. Richiede sacrificio, certo, sia dal punto di vista economico sia da quello dei professori che devono accompagnare gli studenti, ma il sacrificio viene ricambiato dagli studenti stessi, che hanno la possibilità di instaurare un rapporto meno formalizzato coi prof. Non si può fare una questione di soldi per tutto. L’abolizione delle gite è un’esasperazione che personalmente non condivido. Ho fatto il professore per quarant’anni e ho sempre portato i miei studenti in gita. Me l’hanno fatta tutte le volte, ovvio, alla fine riescono sempre a scappare dalle loro camere per combinare qualcosa, ma alla fine mi hanno sempre ringraziato per l’esperienza. Noi, nel nostro piccolo, continueremo a portare i nostri ragazzi in gita”. Dove il primo della classe va a letto alle 21,30 dopo aver ripassato le antiche civiltà della Mesopotamia, dove i galli di contrada s’ingellano il ciuffo e arrotolano l’orlo dei calzoni e dove le ragazze si truccano davanti allo specchio con le amiche. E quanti amori sono nati in gita.

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