ZANNE D’AVORIO E PRADA TAROCCATE

Per qualcuno era solo un ricettatore, per molti altri era una specie di Robin Hood che non rubava ai ricchi ma permetteva ai poveri di farsi un paio di Gucci. Storia di Giuseppe Corvi detto Pablo, l’uomo che col suo bazar ha annullato la differenza tra i figli di papà e i figli di un bicchiere di troppo. Ecco la terza e ultima puntata di “Grandi magazzini”, la nostra piccola inchiesta settimanale.

PABLO

TESTO: FILIPPO MERLI; FOTO: INTERNET

Nessuno ha mai saputo se le Prada fossero taroccate oppure no. La tesi che andava per la maggiore era che alcune cose fossero autentiche e altre contraffatte, ma in fondo non importava. Le Prada erano uguali, con la lista di gomma rossa sul tallone e la scatola originale. Pablo la infilava in un sacco dell’immondizia trasparente e ti cambiava la vita. Grazie a lui la differenza tra te e quelli che avevano i soldi non esisteva più. Veniva annullata da quello che per qualcuno era solo un ricettatore e per molti altri era un benefattore, una specie di Robin Hood delle griffe che non rubava ai ricchi ma permetteva ai poveri di farsi un paio di Gucci. Con Pablo in giro i figli di papà erano sullo stesso piano dei figli di un bicchiere di troppo. E chissenefotte se le New Balance dei fighetti erano originali al cento per cento e quelle di Pablo forse no: nessuno ci faceva caso, a parte quelle fighe di legno con troppo rimmel intorno agli occhi che le squadravano centimetro per centimetro e poi ti domandava a tradimento: “Eh, belle! Le hai prese da Pablo?”. In realtà Pablo si chiamava Giuseppe Corvi e aveva un grande magazzino in via Croce Rossa, dalle parti di San Lazzaro. Il suo bazar era all’interno di un vecchio capannone in una zona industriale, tra motrici e rimorchi, a pochi metri da un piccolo campo da calcio con le porte senza rete e l’erba alta. Se non fosse stato per Pablo nessuno avrebbe mai conosciuto quella parte di Piacenza che solo dopo si è trasformata in un quartiere residenziale con le case colorate e le famiglie felici. Eppure quella via era sempre piena di macchine parcheggiate lungo il marciapiede. Sul capannone di Pablo non c’erano insegne, solo una scritta rossa fatta con la bomboletta spray. Se non c’eri mai stato bastava seguire la gente che varcava il cancello e apriva una porticina arrugginita. Entravi e trovavi qualsiasi cosa di dubbia provenienza, come direbbe uno sbirro, ma da dove arrivasse la merce, per chi andava da Pablo, era un dettaglio senza importanza.

PABLO GIRAVA E DAVA CONSIGLI

Quelli come Pablo non avevano bisogno di pubblicità. Bastava il passaparola per creare una clientela fissa e qualche avventore occasionale che non credeva ai suoi occhi: nel magazzino di Pablo c’erano camice di Ralph Lauren, jeans di Calvin Klein, magliette di Richmond, cinture di Armani, polo La Martina e qualunque cosa andasse di moda in quel momento. E poi quadri e oggetti d’epoca, tappetini per la macchina e tante altre cose. I vestiti si trovavano in scatoloni sparsi per il magazzino, alcuni erano incellophanati, altri erano mischiati ad altri vestiti, come al mercato. Dietro c’era una saletta coi giubbotti Woolrich, indumenti per lo sci, giacche a vento, borse Louis Vuitton, maglioni di marca e pantaloni firmati. La gente frugava negli scatoloni e trovava sempre qualcosa. Pablo girava, dava consigli e metteva tutto nel sacchetto. Poi magari andava nel retro e ti trovava la confezione originale del portafoglio griffato per farti un regalo. In breve tempo creò un giro di clienti affezionati e devoti, gente che non avrebbe mai potuto permettersi l’ultimo modello di scarpe Hogan e che grazie a Pablo le poteva comprare a prezzo molto ridotto. Pablo diventò famoso, una specie di istituzione cittadina. I piacentini parlavano di lui e della sua opera di “beneficienza”, e presto la voce arrivò alla Polizia che volle vederci chiaro.

ELEFANTE AFRICANO

Il 21 ottobre 2010 Giuseppe Corvi, per tutti semplicemente Pablo, venne arrestato con l’accusa di ricettazione e vendita di merce contraffatta. La polizia sequestrò l’intero magazzino in via Croce Rossa trovando centinaia di capi taroccati di marchi prestigiosi: Gucci, Louis Vuitton, Hogan, Burberry, Prada, Moncler, Paciotti, Nike. Non solo. Nel capannone gli agenti trovarono due pitoni e tre quadri firmati Modigliani, Guttuso e Lega, chissà se autentici o semplici copie. Ogni tanto il magazzino chiudeva, poi riapriva, poi chiudeva ancora. Ovviamente i clienti di Pablo sapevano che c’era qualcosa sotto, qualcosa di sospetto, ma se ne fregavano perché il Moncler a quel prezzo non l’avrebbero trovato da nessun altra parte. Passò meno di un anno, e il 14 giugno 2011 Pablo venne denunciato di nuovo. “La polizia di Udine  – scrisse ilPiacenza (vedere per leggere) – su delega della procura di Piacenza, si è presentata in casa di un 74enne friulano – che aveva contatti con il piacentino – trovando un vero e proprio museo diviso in due appartamenti, e contenete centinaia di opere: “Si va dai reperti archeologici – hanno spiegato in questura – fino all’arte contemporanea”. Nell’abitazione di Pablo furono trovate anche un paio di zanne d’avorio di elefante africano da sei chili l’una, oltre ad alcune Polaroid che ritraevano opere d’arte. La gente leggeva, pensava “prima o poi doveva succedere” e faceva un sorriso mentre guardava le scarpe Prada che aveva comprato nel bazar di via Croce Rossa. Ogni tanto il nome di Giuseppe Corvi finiva sui giornali, fino a quando non fece più notizia. Pablo, il Robin Hood della griffe, è morto in autunno.

Qui trovate la prima e la seconda puntata di “Grandi magazzini”

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1 Comment on "ZANNE D’AVORIO E PRADA TAROCCATE"

  1. Andrebbe intitolata una piazza o una via alla memoria di Pablo, eroe dei Piacentini

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