IL MURETTO DEL SOCIALISMO

Quando l’Old Facsal è andato in fumo ci è tornato in mente il muretto accanto al Respighi, dove i punkettoni rollavano canne e parlavano di Pasolini e dove i fighetti con le Prada ai piedi bevevano un robo prima di andare in discoteca.

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TESTO: FILIPPO MERLI; FOTO: INTERNET

Quelli che andavano sul muretto aprivano le birre con l’accendino. Le birre erano nello zaino e lo zaino doveva essere vecchio e sdrucito, con frasi potenti come “fuck the system” scritte con la scolorina e spille di gruppi punk anni Settanta. Se non avevi uno zaino simile rischiavi di essere tagliato fuori. Per lo meno ti sentivi diverso, non conforme all’anticonformismo, una specie di radical chic non ancora degno di partecipare alla Rivoluzione (se poi non avevi un cane eri praticamente fottuto). I ragazzi indossavano maglioni troppo lunghi, jeans strappati e snakers con le stringhe di colore diverso; le ragazze portavano vestiti etnici provenienti da negozi come la Pecora Nera e Senza Confini, profumavano d’incenso e avevano borsette con la tracolla lunga fino ai piedi. Arrivavano dalle parti del Respighi dopo la scuola, scolavano una birra e rollavano una canna. Qualcuno limonava – l’amore ai tempi della Rivoluzione – mentre altri ascoltavano Bob Marley e i Green Day con le cuffie del compact disc nelle orecchie. Erano più che altro studenti del liceo Gioia e il muretto accanto all’Old Facsal era il loro ritrovo. Lì parlavano di politica, progettavano manifestazioni, leggevano libri di stampo marxista e se chiamavi “rasta” i deadlock dreadlock s’incazzavano di brutto. Poi arrivava la sera e con la sera arrivavano i fighetti dell’Old Facsal.

SCIOPERI E PASTA FREDDA

Quando l’Old è andato in fumo – nella notte tra venerdì e sabato scorso – ci è tornato in mente il muretto. Parliamo di una decina di anni fa, tra la primavera e l’estate, quando tra i giovani le classi sociali erano ancora abbastanza nette. C’erano i punkettoni da una parte e fighetti dall’altra – c’erano anche i “normali”, ma quelli non se li è mai filati nessuno. I punkettoni chiamavano fighetti i fighetti – evidentemente non avevano trovato un nomignolo più degradante – mentre i fighetti chiamavano punkabbestia i punkettoni. Entrambi se ne stavano nel loro e facevano la loro vita a pochi metri di distanza gli uni dagli altri. Ai tavoli dell’Old c’erano i fighetti, con le loro camicie di Brooksfield e le Prada ai piedi, mentre sul muretto – sia quello che s’affaccia sul campo da calcetto del Respighi sia quello che costeggia il Facsal – c’erano quelli con la maglia del Che e molti braccialetti ai polsi, detti altrimenti “comunisti” dai fighetti.  Scioperi studenteschi e cortei contro il terrorismo e la globalizzazione (“il pacifismo è la sola soluzione”) partivano e finivano sul muretto, mentre all’Old giovani avvocati in giacca e cravatta mangiavano pasta fredda e insalata.

MATTONI A VISTA

Poi scendeva la notte. In quegli anni, al venerdì e al sabato, l’Old era uno dei posti più in voga della movida piacentina. Andavi lì, prendevi una birra o un drink e scendevi giù, dove c’erano tavoli e panche. Le bariste erano molto carine, i baristi erano simpatici e passavi sempre una serata piacevole. Esisteva anche l’alternativa: prendevi una birra o una lattina di Coca alla Pizzeria del Sole e poi ti sedevi sul muretto, che di notte era molto meno popolato dai giovani barricaderi. Spesso fighetti e punkettoni convivevano su quella fila di mattoni a vista, spesso erano pure amici, anche se la distinzione sociale e politica era evidente e rimarcata, soprattutto nell’abbigliamento. La tappa all’Old era fondamentale, per bere un robo e per vedere chi c’era. Per sparlare dei fighetti se eri un punkettone e viceversa, per parlare di Pasolini e De Andrè se eri un punkettone e per parlare di donne e motori se eri un fighetto. Nella notte tra venerdì e sabato qualcuno ha dato fuoco all’Old, ma il muretto del socialismo non è crollato. Hasta siempre.

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