TROVA I NAZI

nereo foto

TESTO: NEREO TRABACCHI; FOTO: ARCHIVIO TRABACCHI

In questi giorni di tristi e fiacche feste, una delle notizie che più mi ha colpito leggere, è stata quella di Libertà che riportava un’intervista di Ephraim Zuroff, direttore del centro Simon Wiesenthal, il quale su Repubblica asseriva che tre criminali nazisti vivono nella nostra città. Certo, non più giovanissimi, ma sono qui. Così, mentre mia figlia sgranocchiava un crostino con il foie gras, seguendo le istruzioni della pediatra (“ora ha un anno, deve cominciare ad assaggiare un po’ di tutto”) ho fatto ulteriori ricerche online e ho scoperto che esiste un’operazione denominata “last chance”, sempre promossa dal centro Wiesenthal, che offre una taglia (non c’è altro modo per definirla) di 25mila euro a chiunque fornisca informazioni utili a catturare criminali di guerra. Ora, il problema era che, con tutta probabilità, visto che la notizia era stata data, chi di dovere conosceva già l’identità dei tre piacentini nazisti, e ulteriori ricerche sarebbero state solo una perdita di tempo; ma come appunto già detto, le feste per un ateo sbattezzato come me sono quanto di più deleterio per l’umore e così, armato della mia fedele macchina fotografica, ho deciso di andare in giro per la città per vedere dove si potessero trovare i vecchi nazisti. Chiaramente, se questo avesse fruttato anche solo un euro, sarebbe stato devoluto in toto a qualche povera, piccola, barcollante cantina di vino in difficoltà.
Problema numero uno: dovevo avere un piano. Non potevo muovermi senza meta, per le vie di Piacenza, imbracciando la macchina fotografica a caccia di vecchietti sospetti: mi avrebbero preso per Mistraletti o per uno delle pompe funebri che si mette avanti con il lavoro. E qui è nata la secondo difficoltà: dove si compra una mappa geografica della città? Ho pirlato come un cretino fin quando non ne ho trovata una esattamente nella cartoleria sotto casa. Così, seduto con una bottiglia di vino e un grosso Uniposca rosa che ogni tanto fiutavo per tirarmi su, cercavo di individuare quali zone facessero più al mio caso, ovvero, dove dei vecchi potessero trovare rifugio migliore mischiandosi ad altri vecchi. Dopo due ore di duro lavoro, sul mia taccuino avevo una lista: centri biocciofili, ricoveri, sala bingo, in fila alla posta, cantieri stradali, circoli e ultimo, ma non per importanza, il cinema Roma. Ho passato ore e ore a fotografare persone in queste zone, ma nessuno di loro mi sembrava un vecchio nazista. Al centro bocciofilo erano troppo giovani: lanciavano le bocce con quel passettino in corsetta leggera che non lasciava dubbi. Al ricovero non mi hanno fatto stare dentro molto, dopo che ho raccontato la mia battuta: “Sapete cosa diceva Maruffi? Gallina vecchia fa buon brodo!” Mi sono poi imbattuto lungo due cantieri stradali, ma con i vecchi fermi a seguire i lavori dal loro inizio, non c’era competizione verbale a causa della mia scarsa preparazione in materia di condutture “merdifere” riportate alla luce. Nella sala bingo ho perso subito i 12 euro che avevo in tasca e donne cotonatissime con le unghie laccate mi guardavano in modo preoccupante. Al cinema Roma, per essere sicuro, ho comprato le patatine e mi sono fermato un paio d’ore, ma anche lì, nessun sospetto. Ho così desistito, tornando a casa con le pive nel sacco (termine nato in campo militare quando dopo una sconfitta si rientrava con le trombe; le pive, strumenti a fiato, nel sacco, vale a dire senza suonare la marcia trionfale), alcune foto di vecchi sorridenti, un biglietto del cinema strappato e la beffa nello scoprire che mia figlia s’era fottuta tutto il mio foie gras.

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