TESTO: MARCELLO ASTORRI; FOTO: INTERNET
Branduardi cantava “dopo domenica è lunedì”. Per Trenitalia, invece, dopo il Regionale Veloce c’è il Regionale. La differenza sembrerebbe minima. Sembrerebbe. Immaginatevi dunque il tipico treno medio, quello che ogni tanto ha qualche minuto di ritardo, nel quale può capitare di finire in una carrozza troppo affollata e sporca, oppure nella quale non funziona il riscaldamento. Acqua di rose insomma, roba sopportabile. Adesso invece immaginate un treno sistematicamente in ritardo, nel quale il riscaldamento non funziona (ma potreste per sbaglio capitare nella carrozza nella quale funziona), pieno di graffiti per i quali non riuscite nemmeno a guardare fuori dal finestrino (una delle poche gioie rimaste al pendolare), con i sedili uno appiccicato all’altro e con la puzza di piedi che, mentre in un treno normale arriva dal tipico viaggiatore scalzo, in questo viene emesso dai bocchettoni dell’aria per coprire odori ancora peggiori. Ecco, quello è il Regionale. Ma la caratteristica ancora più micidiale è un’altra: ferma in ogni singola stazione che si parerà sul vostro tragitto. Io, il Moro e Mirko le chiamavamo gli “spauracchi”. Per chi viaggia sui treni di sangue blu come gli Intercity, gli Eurostar o i fantasmagorici Frecciabianca, Frecciarossa e Frecciargento certe stazioni sono creature mitologiche. Le sentono nominare di tanto in tanto come si sente nominare l’Uomo Nero nelle storie di paura, le passano a supervelocità in un amen, le vedono per un paio di secondi al massimo – e di certo non fanno neanche in tempo a leggere il nome sul cartello, un po’ come fossero il fotogramma della donna nuda che compariva nel cartone animato Bianca e Bernie (e chi se n’è mai accorto?). Invece certe stazioni sono l’amara realtà per chi prende il Regionale. Ogni linea ferroviaria dunque ha i suoi spauracchi. Chi viene da Parma e va verso Piacenza deve fare i conti con mostri sacri come Castelguelfo, Cadeo, Pontenure eccetto il bistrattatissimo Alseno (viene sempre specificato dall’altoparlante dalla voce metallica). Quest’ultima stazione la schifano perfino i Regionali e confessiamo di avere la perversione, un giorno nel quale avremo l’esigenza di autoflagellarci, di prendere un treno che possa fermare in questa fantastica leggenda degli spauracchi. Quelli che invece fanno la Milano-Piacenza con il Regionale conosceranno a menadito le fermate di Santo Stefano Lodigiano, Codogno e Casalpusterlengo. Di certo a molti è capitato di prendere parte in questi viaggi della speranza. A noi del trio è capitato più di una volta. Ad esempio una sera finì tardissimo una lezione, ed eravamo tutti e tre felici. Ridevamo come pazzi mentre assistevamo a una grande performance imitatoria di Mirko, che quella sera sembrava il nuovo Gigi Sabani mentre imitava il professore di Economia Industriale. Il Moro poi prese a fare il piacione con una ragazza del primo anno, parlando degli stili di leadership che può avere un leader (dal momento che lui si è sempre autodefinito tale). Minuti preziosi correvano e, ad un certo punto, tutti noi ci bloccammo. Folgorazione: “Abbiamo perso il treno”, facemmo notare. Prima la risata, poi lo sgomento. “Che treno prendiamo per tornare?” chiese il Moro speranzoso. Gelo. I corvi già giravano in tondo sulle nostre teste e Mirko, che nel frattempo divenne più bianco di un lenzuolo, disse con un filo di voce: “Il Regionale”. E Regionale fu. Quella sera improvvisammo un torneo di briscola sul nostro vagone, con il treno che rimase fermo per due ore in uno dei nostri spauracchi preferiti, vale a dire la ridente Castelguelfo. Non abbiamo mai più perso un treno in vita nostra.
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