HABEMUS FONDAZIONE

Storia del voto che ha portato Francesco Scaravaggi alla guida dell’istituto, dal Dossier Giglio alla polemica di Giacomo Marazzi contro il sindaco Paolo Dosi, passando per minusvalenze, intrighi e lettere anonime.

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FOTO: INTERNET

Il conclave della Fondazione ha scelto il suo presidente, ma la storia del voto che ha portato all’elezione di Francesco Scaravaggi comincia col Dossier Giglio. Era il 7 febbraio quando Sergio Giglio annunciò pubblicamente la sua candidatura alla presidenza parlando contemporaneamente di una minusvalenza di 100 milioni di euro per l’ente di via sant’Eufemia. Da lì scoppiò il finimondo. La Fondazione, attraverso una nota diffusa a mezzo stampa, accusò Giglio di aver sollevato un polverone “che ha finalità che non sono certo quelle dell’interesse della Fondazione”. Ma è successo anche di peggio: sui tavoli di parecchie istituzioni arrivò un documento anonimo che criticava il contenuto del Dossier Giglio, sostenendo “che la posizione finanziaria della Fondazione – come riportò Piacenza24  il 12 febbraio – non è compromessa né tale da imporre l’emersione di minusvalenze latenti minimamente comparabili con quelle indicate nella nota (circa 100 milioni di euro)”.  I documenti anonimi arrivati sui tavoli istituzionali sarebbero stati più di uno e avrebbero indotto il presidente uscente, Giacomo Marazzi, a presentare un esposto in Procura per tutelare l’immagine della Fondazione.

IL DISCORSO DELLA MONTAGNA
Il 27 febbraio la Batusa raccontò che, durante la riunione per scegliere i tre personaggi di chiara fama che completano il Consiglio Generale (per la prima volta nella storia della Fondazione venne scelto anche un rappresentante di Vigevano, la geologa Caterina Cornalba) Giglio e Marazzi diedero vita a uno scontro verbale piuttosto duro (i ben informati parlarono addirittura di una lite vera e propria). Al centro dello scontro c’era il Dossier Giglio. Durante la riunione Giglio elencò una per una tutte le perdite di bilancio a Marazzi, che smentì e respinse ogni addebito. Sempre secondo i ben informati, Giglio lasciò la riunione con una frase abbastanza efficace: vedremo chi ha ragione quando sarà presentato il bilancio.

L’ULTIMA CENA
Francesco Scaravaggi rappresenta la linea di continuità della gestione Marazzi e ha potuto contare sui centristi del Pd, ovvero sul sindaco Paolo Dosi e sugli uomini che gli sono vicini. Con Scaravaggi c’erano anche l’ex sindaco Roberto Reggi e l’ex vicesindaco Anna Maria Fellegara. Questo clan veniva descritto da alcuni come il “gruppo della Carrozza”, come il nome del ristorante nel quale s’incontra sovente. Sergio Giglio era sostenuto dall’opposizione, dagli ambienti liberali del centrodestra, ma forse anche su qualche sponda nel Pd, soprattutto nell’area del vicesindaco, Francesco Cacciatore. Scaravaggi veniva inoltre presentato come rappresentate dell’associazionismo, ma in realtà all’interno del Consiglio generale i rappresentati del volontariato erano spaccati in due. Addirittura oggi, giorno della votazione, il volontariato si è schierato compatto dalla parte di Giglio.

LA PRIMA PIETRA
Scaravaggi ha vinto con 13 voti (5 dei quali di Vigevano) e appena ha lasciato la Fondazione ha dichiarato a PiacenzaSera che “farò scelte in piena autonomia”. Sulla presa di posizione di Sergio Giglio – che questa mattina non si è presentato alla votazione insieme a 11 consiglieri – Scaravaggi ha detto che “se frattura c’è stata non è certo venuta da parte mia; non so cosa ci sia nella testa degli altri, io da questo momento metterò tutto il mio impegno affinché la Fondazione possa fare il bene di questa città”. Il presidente uscente, Giacomo Marazzi, non ha invece risparmiato una frecciata al sindaco Paolo Dosi: “Aveva detto che si sarebbe assunto responsabilità importanti sul futuro della Fondazione? E si vede che alla fine non le ha assunte: un conto sono le parole, un altro i fatti” ha detto Marazzi. Alla domanda dei cronisti di PiacenzaSera se Dosi abbia fatto un po’ “il Ponzio Pilato”, Marazzi ha risposto: “Probabile”.

scrivania@labatusa.it

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