Anni fa Luca Franchi ci chiese di fargli copiare il compito di matematica. E’ stata la più grande cazzata della sua vita. Non ci ricordiamo come andò a finire, ma ci ricordiamo che, in estate, ci ritrovammo di nuovo insieme alle lezioni di recupero, quindi quel compito non dev’essere andato benissimo. A Piacenza lo conoscono più o meno tutti, in particolare i suoi coetanei che giocavano (e giocano ancora) in qualche squadra di calcio locale. Durante l’anno, la domanda saltava sempre fuori: “Dove gioca adesso Luca?”. Forse è perché, in fondo, chi lo conosceva, e chi l’aveva visto giocare, s’aspettava, un giorno o l’altro, di vederlo stabilmente tra i professionisti. Perché Luca gioca. Sa giocare. Segna. E l’ha fatto ovunque. Il motivo per cui, fino a oggi, non ha mai avuto la grande occasione (in realtà si dice che un paio d’anni fa fosse già del Pro Piacenza, allora Atletico Bp, prima di un infortunio), è roba da leggenda metropolitana. E le leggende metropolitane, quando si parla di calcio, sono più o meno sempre le stesse: non ha la testa, si fa male troppo spesso, non s’impegna fino in fondo, cose così, cose da bar. Ora, però, la grande occasione è arrivata, ed è quella che gli amici e i conoscenti s’aspettavano: il ritorno di Franchi al Piacenza dopo la trafila nelle giovanili e la consacrazione al Fiorenzuola. “Giocare con questa maglia”, ha detto a SportPiacenza, “è come aprire il cassetto e tirare fuori un sogno”.

Luca ha fumato una delle prime Marlboro rosse all’oratorio di sant’Eufemia. Da piccolo andava a giocare lì insieme a tanti altri bambini che passavano il tempo a tirare pallonate al muro e a farsi riprendere dal vecchio parroco. Luca giocava a calcio dappertutto: all’asilo San Raimondo, sul Facsal (dove Luca tentava di scroccare giri sulla giostra), per strada. Era uno di quei ragazzi che, a occhio, sapevano individuare la traversa immaginaria che delimita la porta formata da due zaini. Una volta ci scontrammo al campo del liceo Respighi. Lui fece tre o quattro gol, noi un paio, tanto per dimostrare che, se non fossimo stati belli, nessuno avrebbe mai sentito parlare di Pelè (cit.), e tanto per far vedere che saremmo potuti diventare veri campioni se non avessimo speso tutto in birre scadenti. La particolarità dei fratelli Franchi, a Piacenza, è conosciuta: tutti sanno giocare a calcio, e ci sanno giocare bene. Da Pietro a Marco, fino a Francesco, passando per Luca. Genetica.
Il suo trasferimento al Piacenza ha creato qualche polemica per un precedente accordo verbale con un’altra squadra, poi tutto s’è sistemato e Luca ha iniziato a segnare già nelle prime amichevoli. Franchi è l’attaccante che mancava al Piacenza dai tempi (recenti) di bomber Marrazzo. Quello che, se sta bene, arriva comodo in doppia cifra. In più, a stimolarlo, ci sarà la concorrenza di Adriano Marzeglia, un centravanti con le spalle larghe e i piedi buoni che i piacentini hanno già potuto apprezzare quest’estate al torneo Libertas (ok, lo sappiamo, da calcio a 6 a calcio a 11 cambia tutto, grazie della dritta, ma vedrete che Marzeglia è bravo sul serio). L’anno scorso il Piacenza ha avuto buoni attaccanti, ma nessuno era come Luca. E quello che la butta dentro con regolarità, soprattutto in un campionato come la serie D, è determinante se vuoi provare a vincere il campionato.
La squadra è fatta: c’è mister Franzini, ci sono i giocatori giovani, come richiede la categoria, e quelli più esperti. E poi c’è Luca Franchi, là davanti, con le scarpe nere vecchio stile e la maglia sempre fuori dai calzoncini. Dopo la chiamata del Piacenza, Luca aspetta palloni in area di rigore. Se arriveranno, i tifosi del Piace potranno stare tranquilli.

Foto SportPiacenza.it

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