TESTO: NEREO TRABACCHI; FOTO: ARCHIVIO TRABACCHI
E così, è arrivato anche il momento per la prima visita dal pediatra, che tu neopapà fatichi ancora a distinguere dal ginecologo, perché negli ultimi nove mesi è stato lui a dirti della salute di tua figlia. Ci presentiamo con una lista di domande, stile elenco della spesa Esselunga, nella più assoluta convinzione che la dottoressa, con le sue risposte, ci consegnerà una sorta di manuale per utilizzare al meglio il giocattolo e modificarne eventuali primi difetti riscontrati. Chiaramente impongo la mia presenza – ritenuta inizialmente superflua – con il classico “quattro orecchie sono meglio di due…”, ma sin dai primi istanti comprendo perché volevo essere tenuto lontano in questa delicata fase di approccio sanitario. La mia cronica indisposizione all’attesa trova lievito per il suo volume quando vengo messo in una sala d’aspetto gremita di marmocchi urlanti, sputacchianti di starnuti e incazzati perché i giochi messi a disposizione dal medico per tenerli a bada provengono chiaramente da un rigattiere del dopoguerra con bancarella in piazza del Duomo. Così, per evitare che dalla mia bocca possano uscire parole sconvenienti con la possibilità che blocchino la crescita dei nani vivaci, vengo isolato in un angolo a leggere una favola a mia figlia, che dopo pochi giorni di vita ha già dimostrato più volte di preferire qualsiasi voce proveniente dalla televisione, piuttosto che la mia. Dopo venti secondi ho cinque bambini seduti in cerchio che ascoltano la mia rivisitazione personalissima di “Biancaneve sotto i nani”:
“E questa chi cazzo è?” domandò Dotto ai suoi fratelli quando vide quella donna a terra.
“Ma vedi ‘sta sfigata. Si è addormentata proprio davanti l’ingresso della nostra miniera di diamanti. Sarà mica una spia dei fratelli Damiani? reagì subito Eolo.
“Ohhh.. Sì, sì, sì… Portiamocela a casa e lecchiamola tutta” propose Cucciolo.
“Ma che dici. Non vedi che è piena di terra. E poi se è svenuta può aver mangiato qualcosa nel bosco e ci intossichiamo anche noi. Ma vedi tu che razza di rogna la sera del derby. Lasciamola qui e andiamocene. Qualcuno la troverà e la metterà a lavorare in strada o a ballare su un cubo” asserì Eolo.
“Me la tengo io nel letto per addormentarmi…” tentò Pisolo.
“Ma smettila. Non sai le malattie che puoi prendere da una così? Ci sono tantissime infezioni in giro in questo periodo e sai benissimo come noi nani non possiamo correre il rischio di contrarre la trichomonas vaginalis; vorrebbe dire essere risucchiati” si inviperì Dotto.
“Guardate, guardate, si è mossa…”.
L’immigrata clandestina si svegliò e si mise a fissare quei piccoli esseri.
“Oh cielo… L’ultimo Mojito mi ha davvero spaccata in due… Come al solito non ricordo una mazza. Come sono arrivata qui? Avete un Oki?”.
“Come ti chiami?” chiese Dotto.
“Ma cosa te ne frega di come mi chiamo? Voi piuttosto. Chi siete? Ma quanti siete? Oh cielo che voglia di pisciare”.
“Senti Ciccia, questa è la nostra miniera e te ne devi andare. Non è che puoi stare qui a rompere… E poi ti consigliamo di sparire prima che arrivi nostro fratello. Quello che nessuno conosce veramente…”.
“In che senso nessuno conosce?” domandò ora davvero stupita la donna mentre si alzava controllando di non essersi pisciata addosso.
“Tutti credono che noi siamo 7 fratelli. Ma c’è l’ottavo, quello per te più pericoloso se dovesse trovarti qui”.
“E come si chiama l’ottavo nano?”.
“Trombolo…”.
I bambini vengono immediatamente allontanati dal blasfemo cantastorie, e veniamo invitati e entrare subito dalla dottoressa senza dover aspettare il nostro turno. “Allora, come andiamo?” mi domanda la pediatra. “Bene, grazie. Solo un po’ di acidità. Deve essere stato il vino non filtrato che ieri sera ho bevuto per assaggiare il Poisseus Berthaut a crosta slavata. Ma credo che con un malox tutto vada a posto. O mi suggerisce un gollone di gastroprotettore Riopan gel?”. Questa mi guarda stranita e mi dice: “Veramente mi riferivo alla bambina…”. “Oh, vero, che sciocco mi scusi. Sì, sì, ci lascia dormire e… anche qualche attimo di intimità…”, al che scoppio in una risatina isterica e antipatica pure a me. A questo punto vengo fisicamente spostato dalla madre di mia figlia che prende la piccola e l’adagia sul lettino per le visite dove viene pesata, misurata e massaggiata esattamente come si fa per il capello del prete, variante del cotechino e dello zampone. Però non mi lasciano con le mani in mano, infatti mi ci mettono dentro il pannolino ripieno (di cui ormai sono un esperto) da gettare nel bidone a fianco. Chiaramente questo non solo mi sfugge, cadendo secondo l’esatto principio della fetta imburrata, ma involontariamente ne calpesto una parte. “Dài, porta fortuna, dicono”. La dottoressa, gentilissima, mi fornisce una salviettina tre centimetri per tre, sbagliando però nel non dirmi essere imbevuta di un liquido disinfettante che mi lascia un alone più scuro sulla punta della Clarks. E allora lì mi incazzo. La bimba sta bene, cresce, mangia, defeca, ride e ascolta favole sconce. La vita che ho sempre voluto per me, ora riesco a garantirla a mia figlia. Al prossimo pannolino.
“Biancaneve sotto i nani”…me la tengo tra le favole da leggere a mio/a figlia, quando anch’io sarò mamma. Grazie, come sempre.